Il mito suicida dell’autarchia

Dazi: la farsa protezionista che ci sta dissanguando

In un mondo dove l’apparenza conta più della sostanza, i dazi sono diventati il nuovo giocattolo dei populisti economici: venduti come salvezza nazionale, sono in realtà la pistola fumante puntata contro i consumatori stessi. Sventolati come scudo contro il “nemico straniero”, si rivelano invece un boomerang che colpisce dritto al portafoglio delle famiglie, prima ancora che le imprese.

Promesse vuote e propaganda d’accatto

Dietro slogan come “riportiamo il lavoro a casa” si cela una verità scomoda: i dazi non proteggono nessuno, se non l’ego di politici che giocano a fare gli strateghi globali. A ogni proclama sul rilancio dell’economia interna corrisponde un dato impietoso: prezzi che salgono, inflazione che galoppa e salari che arrancano. Altro che rinascita industriale — siamo nel mezzo di una lenta eutanasia commerciale.

Il mito suicida dell’autarchia

Il protezionismo moderno è la versione economica del coprifuoco: chiude, isola, soffoca. In nome di una presunta sovranità commerciale, si erigono muri che non fermano nessuno, se non le merci che servono davvero. Le grandi potenze si barricano in se stesse, dimenticando una regola antica quanto ovvia: se smettiamo di scambiarci beni, inizieremo presto a scambiarci minacce.

Le élite si arricchiscono, il popolo paga

Chi guadagna dai dazi? Non certo il cittadino medio. Le grandi aziende sanno come aggirare il sistema, delocalizzare quando serve e scaricare i costi su chi non ha voce. Chi ci rimette? Il piccolo imprenditore, lo studente, la famiglia con reddito fisso. E intanto ci raccontano che “è per il nostro bene”. Una bugia che ha il sapore acre del cinismo.

Accordi? Solo quando conviene a loro

I trattati commerciali, un tempo fondamento di cooperazione, sono ora ridotti a moneta di scambio per ottenere vantaggi tattici. Si parla di “negoziazione”, ma è solo teatro: maschere di cortesia per nascondere ricatti economici. Altro che diplomazia: è bullismo di stato.

Conclusione: la fine della recita

Abbiamo bisogno di chiamare le cose col loro nome: i dazi non sono una strategia, sono un fallimento annunciato. Non costruiscono il futuro, lo ostacolano. Non difendono l’economia, la sabotano. Continuare su questa strada significa prepararsi a una guerra commerciale in piena regola, dove l’unico vincitore è il caos — e a pagare il conto saremo, come sempre, noi.