Addio a Gianni Berengo Gardin, l’occhio poetico del Novecento
È con profondo rispetto che ricordiamo Gianni Berengo Gardin, celebre fotografo italiano scomparso negli scorsi giorni all’età di 94 anni. Nato a Santa Margherita Ligure il 10 ottobre 1930, ha iniziato a esplorare il mondo della fotografia negli anni Cinquanta, pubblicando i suoi primi scatti sulla rivista Il Mondo .
Maestria e impegno sociale
Autodidatta, Berengo Gardin ha attraversato l’Italia — da Venezia a Milano — costruendo la sua carriera con stile sobrio e narrativo. Ha portato avanti il reportage sociale con delicatezza, raccontando luoghi, persone e mestieri con chiarezza e profondità .
La sua presenza nel panorama fotografico è stata marcata da opere fondamentali: il reportage sul dramma dei manicomi, pubblicato nel volume Morire di classe (1969), ha segnato una svolta nella fotografia documentaria italiana . Tra i premi conquistati, l’Oscar Barnack Award (1995) per la serie La disperata allegria e il prestigioso Lucie Award alla carriera (2008) testimoniano il suo rigore umano e professionale .
Lo sguardo sensibile e instancabile
Denis Curti, curatore della sua retrospettiva alla Casa dei Tre Oci del 2013, ricorda un uomo che spariva ogni giorno per dedicarsi a nuovi scatti, come quello sulle grandi navi incalzanti a Venezia — un tema di denuncia anticipatore del turismo di massa . Italo Zannier lo descrive come un osservatore della transizione italiana del dopoguerra, capace di documentare la campagna sfiorita e la vita contadina con passione e dignità .
La fotografia per lui era un mestiere artigianale e un atto di ascolto: viaggiava, guardava, poi scattava — scegliendo il punto di vista con l’empatia di un vero intellettuale visivo .
Un’eredità incancellabile
Berengo Gardin ha lasciato alle generazioni future un’archivio monumentale — oltre 1,5 milioni di negativi — e un corpo di lavoro vastissimo, con più di 250 libri pubblicati e centinaia di mostre personali nel mondo . La Fondazione FORMA e l’agenzia Contrasto gestiranno il suo lascito culturale, affinché non venga mai perduto .
Città del cuore: Venezia e Camogli
Due città incarnano il suo spirito: Venezia, dove la fotografia è stata scoperta e amata, e Camogli, dove ha vissuto e trovato ispirazione. Lì ha custodito il suo lavoro, come un custode silenzioso di immagini e sogni .
In questo momento di addio, celebriamo Gianni Berengo Gardin non soltanto come maestro della fotografia italiana, ma come un narratore che ha saputo trasformare il quotidiano in poesia visiva. Il suo sguardo rimarrà per sempre, inciso nelle pagine della nostra memoria.