Ennio Di Francesco al Premio PescarArt: La scultura come linguaggio trascendente di memoria e ambiente

Ennio Di Francesco, nato nel 1942 in un piccolo paese dell’Aspromonte Calabro da papà abruzzese ,sottufficiale dell’Arma, e mamma calabrese, maestra elementare, è una “strana”  figura di rilievo nel panorama giuridico, culturale e sociale italiano. La sua carriera si sviluppa nella lotta alla criminalità, ma contemporaneamente nell’impegno sindacale e di scrittore di  “giustizia sociale”. Un esempio di come arte e impegno civile possano convergere. Basterebbe a descrivere tale poliedricità la defizione che di lui dà Corrado Stajano:”Un uomo dello Stato che ha avuto una  difficile vita per la sua intransigente fedeltà alle Istituzioni della Repubblica”.

Le sue origini  influenzano verosimilmente sua visione esistenziale portandolo a esplorare temi di memoria e ambiente che spesso si intersecano  con realtà e ataviche tematiche  sociali.

Di Francesco, seguendo i genitori trasferiti a Pescara, affina la sua adolescenza, in un contesto di scuola media e poi di liceo  dove l’ideale di giustizia sociale è fortemente sentito. Tra i suoi compagni  diversi diventeranno  professionisti. Ben quattro magistrati:  Emilio Alessandrini sarà ucciso negli anni di piombo da terroristi di “prima linea” a Milano, dov’è Sostituto procuratore della Repubblica.  

Di Francesco si forma  professionalmente, prima come ufficiale dei Carabinieri e poi come funzionario di polizia a Genova,  in un contesto denso di ricco aspre tensioni sociali, dove la lotta per i diritti civili è predominante. Svolge un ruolo significativo nella democratizzazione delle forze di polizia in Italia, lottando per cercare di affermare il  senso di servizio, della  giustizia e della democrazia. L’attività sindacale, svolta in modo carbonaro, è un aspetto cruciale del suo percorso, poiché si impegna attivamente per migliorare le condizioni di lavoro e promuovere i diritti dei “tutori dell’ordine” in simbiosi con gli altri lavoratori. 

Nel corso degli anni,  Di Francesco diventa un promotore del “movimento carbonaro” di democratizzazione della polizia- In quel periodo i suoi impegni professionali si intersecano con le battaglie civili che  segnano la società italiana, e  sembrano echeggiare il contemporaneo impegno di Pasolini nel parteggiare coi poliziotti a Valle Giulia. 

E nel contempo le sue espressioni artistiche si pongono come  linguaggio trascendente, forse inconscio, in un dialogo continuo con la memoria storica e l’ambiente in cui è inserita. Questo connubio tra e attivismo professionale  ed espressioni artistiche fanno di lui una figura importante per comprendere non solo le dinamiche sociali e culturali che ne influenzano la creazione e la ricezione. 

La scultura come linguaggio trascendente, ha da sempre rappresentato un veicolo potente per la comunicazione di idee, sentimenti e storie. Secondo Ennio Di Francesco, questo linguaggio trascendente si rileva particolarmente significativo:  il materiale, sia marmo che “pietra della Maiella” prende forma e diventa mezzo di espressione e memoria.  L’artista riesce a trasformare semplici elementi in opere che parlano, che raccontano e che connettono le persone alle proprie esperienze vissute. Forte è ad esempia il suo richiamo concettuale all’esperienza degli scultori di Ari – Paese della Memoria, nonchè di  Pietro Cascella a Pescara. 

Di Francesco sottolinea come le sculture sono narrazioni visive che coinvolgono lo spettatore in una riflessione più profonda. Ogni opera diventa messaggera del tempo e dello spazio in cui è concepita, fissando la memoria di culture e ambienti dell’epoca. In questo senso, essa si fa si fa portavoce di storie collettive, ancorandosi al territorio e alle sue tradizioni. La scultura agisce come un monito sulle relazioni tra l’arte e l’ambiente, invitando la comunità a riflettere sulla propria identità. All’interno del suo intervento al Premio PescarArt, Di Francesco rende evidente  questa concezione.

Ennio Di Francesco, “commissario col futuro alle spalle”, come lo definisce il giornalista-blogger Salvatore Giannella, che con Enzo Biagi, ha seguito l’esperienza delle sculture di Ari,     riveste un ruolo importante anche attraverso  la sua poesia e narrativa che offrono una spesso sofferta testimonianza della complessità sociale e culturale della sua epoca. 

A partire dagli anni ’70, le sue opere si distionguono per l’impegno rivolto a tematiche cruciali, come il terrorismo e il traffico di stupefacenti, elementi che hanno segnato profondamente la società italiana e internazionale. Con uno stile incisivo e ricco di sfumature, Di Francesco riesce a catturare le esperienze vissute da un’intera generazione.

La sua scrittura si caratterizza per un linguaggio diretto che riflette le sofferenze e le speranze di chi vive in un contesto sociale contraddittorio, fatto di incertezze, drammi, violenze, droga, sangue,  ma anche di speranze nelle nuove generazioni. Attraverso una combinazione di elementi autobiografici e osservazioni  più ampie, l’autore riesce a elevare la sua opera a una espressione d’arte che trascende il personale, parlando a tutti. Le tematiche ricorrenti nei suoi scritti offrono la visione di una società smarrita in Italia, in  Europa, e non solo. Ciò permette ai suoi “lettori-seguaci”   di riconoscersi in storie di dolore, di resilienza e speranza. Un tragitto quasi catartico che si compendia nella  “vecchia ”  poesia “utopia”; nonchè nell’ inno dei Piccoli Principi contenuto nel libro “il ritorno del Piccolo Principe”, che  sembra racchiudere la sua tensione professionale, etica ed esistenziale.  In questa   “graphic novel”, stampata in modo polisensoriale e fruibile in diverse lingue dalla Casa Editrice Erga di Genova, città dove Di Francesco si è laureato ed ha  operato come ufficiale dell’Arma e  funzionario di Polizia,  offerta ai bambini  del Gaslini di Genova e di altre strutture sanitarie, emerge la convinzione che l’espressione artistica-letteraria-teatrale possa diventare veicolo potente di trasmissione alle giovani generazioni di valori per costruire una società migliore. E  piace concludere con la frase del Cardinale Matteo Zuppi nella postfazione al libro di Ennio Di Francesco: “Giovanni Palatucci, ultimo Questore di Fiume Italiana-Dachau 187926” “questa pubblicazione è un dono.Trasuda la misericordia  di chi intende fare prevalere contro ogni violenza, pur ammantata  di diritto, la speranza e l’amore”.

Il Premio PescarArt e il contributo di Di Francesco

Il Premio PescarArt rappresenta una piattaforma significativa per il riconoscimento e la promozione degli artisti e intellettuali contemporanei. Questo evento annuale si dedica a celebrare la creatività e l’originalità, fungendo da vetrina per talenti locali e internazionali. L’importanza di questa manifestazione risiede non solo nell’assegnazione di premi, ma anche nel promuovere dialoghi stimolanti tra arte e società. La partecipazione di Ennio Di Francesco a questo prestigioso premio evidenzia ulteriormente la sua rilevanza nel panorama artistico attuale. Questo scambio culturale ha il potenziale di dare vita a iniziative innovative che approfondiscono la comprensione delle pratiche artistiche e dei loro significati. Pertanto, il Premio PescarArt non è solo un momento di celebrazione, ma anche un catalizzatore per sfide future e progetti creativi, capaci di unire l’arte e la coscienza sociale in un’unica narrazione significativa.